L’importante nel calcio è il risultato, come dicevano i vecchi saggi. Poi qualcuno ha preteso pure il bel gioco. E Mancini ha trovato la pietra filosofale, come Harry Potter: riesce a inanellare record, anche se non sempre la sua Nazionale mostra il calcio che lui vorrebbe. Ma come si fa a criticare uno che vince sempre, che sfata la leggenda del campo tabù della Bulgaria, dove gli azzurri non avevano mai vinto; che fa 24 partite consecutive senza perdere; la cui squadra segna (quasi) sempre e subisce raramente gol (tre in 14 partite); che si accinge a uguagliare in Lituania il primato di Lippi (25 gare senza sconfitte) e potrebbe anche raggiungere quello di Pozzo (30 partite); che è già in testa al proprio girone di qualificazione, a pari punti con la Svizzera, ma con una migliore differenza reti? Eppure noi (ed altri) lo abbiamo criticato in queste due prime partite di qualificazione, perchè la sua squadra (la migliore nel nostro panorama nazionale, con la Roma, visti i risultati delle Coppe) ha delle pause, ha mezzi tempi non all’altezza.
“Neanche gli altri segnano moltissimo o giocano sempre bene”, ha risposto il ct. In ogni caso, ci sembra di non dover sottilizzare su questioni di lana caprina. L’Italia che vince sempre ha un concetto di gioco offensivo che sta dando risultati concreti e sta impressionando un pò tutti. Attaccare è un pò la sua religione e per adesso ha dato frutti copiosi, anche se resta sempre l’incognita dei grandi avversari da battere o di qualcosa di concreto da vincere. Con il groviglio di impegni su tre fronti (qualificazioni Mondiali, Europei e Nations League) la nostra Nazionale si sta già affermando e in Lituania potrà completare l’opera e restare concentrata sull’avversario da superare per andare a Qatar 2022, cioè la Svizzera, che affronterà in settembre e in novembre. A Sofia, contro un avversario – diciamolo – inferiore, gli azzurri hanno trovato le difficoltà che si incontrano contro chi si chiude e spera nel contropiede: un modo di giocare che noi ben conosciamo avendolo praticato in un passato oscurantistico. Era considerata un’arte, perchè altro non sapevamo fare, ma adesso tutto (i regolamenti in primo luogo) va verso un calcio più offensivo.
Contro la Bulgaria si voleva vedere Belotti che ha segnato e colpito un palo, un regista come Sensi che ha fatto il suo, ma non era ancora fisicamente al meglio, mentre Locatelli, che non aveva impressionato contro l’Irlanda del Nord, è entrato e ha segnato un bel gol, assurgendo subito a eroe nazionale, ma forse è meglio tenersi stretto Jorginho come direttore del gioco. La difesa non ha avuto guai. Insomma più gli aspetti positivi che quelli negativi. E’ un momento difficile per il calcio e la vita di tutti i giorni, ma c’è un altro particolare emerso in questa tornata di gare. Come definire questo calcio? Improbabile, inattendibile? Fate voi. Resta il fatto che in tempo di super professionismo, con organizzazioni megagalattiche, gli stessi arbitri che dirigono in Champions e nelle qualificazioni mondiali devono giudicare con metri diversi. Con il Var hanno la possibilità di verificare l’esattezza o meno delle loro decisioni, senza Var restano in balia degli eventi. Lo stesso vale per i giocatori, i club, l’ambiente. Non perchè c’è incappato il magno Ronaldo, ma anche nella partita di Sofia qualcuno ha fatto presente che all’Italia è stato accordato il rigore “sbagliato”. E allora? I burocrati elvetici dell’Uefa e della Fifa si mettano d’accordo. Il metro dev’essere uguale per tutti. E’ anche abbastanza insolito (o se volete ridicolo) quello che è successo per Svizzera-Lituania. Le porte dello stadio di San Gallo, dove si è giocata la partita, erano più alte di 5 centimetri. Senza voler tirare in ballo la malafede (in un passato remoto c’è stato chi ha allargato o stretto le porte a seconda dell’avversario che doveva affrontare), non si può concepire che gli svizzeri, così precisini e pretenziosi con gli altri, tanto da ospitare le più importanti istituzioni sportive, non riescano a esserlo in queste cose. Per loro che amano il sistema bancario, useremo una metafora ad hoc: è come falsificare le banconote.