ROMA (ITALPRESS) – Un paziente con tumore del polmone su 4 è malnutrito e questo può impattare sulla sua prognosi e sulla risposta alle terapie oncologiche. Il tema viene affrontato da una review di recente pubblicata su Clinical Lung Cancer, nella quale si fa il punto sulla prevalenza della malnutrizione nei pazienti con tumore del polmone, sull’impatto di composizione corporea e della perdita di peso sulla sopravvivenza e si analizza l’efficacia di diversi interventi nutrizionali.
“Quello del polmone – spiega il professor Emilio Bria, Responsabile UOS Neoplasie Toraco-Polmonari, Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS e Professore Associato di Oncologia, Università Cattolica del Sacro Cuore, campus di Roma – è il tumore più frequente nel mondo (oltre 2 milioni di casi nel 2018) e provoca il 18% di tutti i decessi per cancro. Molti di questi pazienti presentano anche un significativo grado di malnutrizione che in genere non viene diagnosticato, nè dunque trattato. Ma si tratta di un problema importante, che può pregiudicare il buon esito delle cure oncologiche e la sopravvivenza del paziente”.
“E’ importante indagare sempre la presenza di segni malnutrizione nei pazienti oncologici – sostiene la professoressa Maria Cristina Mele, Responsabile UOSD di Nutrizione Avanzata in Oncologia, Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS e Professore Aggregato di Scienze tecniche dietetiche applicate, Università Cattolica del Sacro Cuore, campus di Roma – per intervenire tempestivamente secondo le linee guida internazionali. La malnutrizione si può sviluppare perchè il paziente mangia o assimila meno, per alterazioni metaboliche, ma anche per la tossicità indotta dalla chemioterapia, che determina perdita di massa muscolare e sindrome di infiammazione sistemica. E’ fondamentale che gli oncologi comprendano quali siano le conseguenze e l’impatto di un buono stato nutrizionale o di una malnutrizione sul trattamento oncologico perchè un paziente malnutrito, a prescindere dalla terapia attuata, sopravvive di meno”.
“La presa in carico da parte del medico che si occupa di nutrizione clinica – afferma la professoressa Mele – deve avvenire prima dell’inizio della chemioterapia, sottoponendo il paziente ad una ‘pre-abilitazionè, come prima di un intervento chirurgico. Il paziente viene quindi seguito durante tutto il suo percorso di chemioterapia, con una dieta personalizzata, coadiuvata da alimenti a fini medici per garantire l’apporto proteico e la quota energetica. C’è un grande fermento in campo oncologico, da parte delle aziende produttrici, per rendere questi alimenti a fini medici speciali più palatabili. I gusti ‘neutrì sono da preferire, perchè durante chemioterapia si verifica una devastante alterazione del gusto; questi prodotti devono inoltre essere molto concentrati dal punto di vista energetico e proteico, per contenere il volume. Gli alimenti a fini speciali medici ci permettono, insieme al cibo tollerato dal paziente, di integrare la sua quota energetica, di proteine e lipidi. La strada – prosegue la professoressa Mele – è l’ultrapersonalizzazione, la relazione del paziente che si sente accolto anche su un aspetto importante come la nutrizione – per potergli consentire di sedersi a tavola per alimentarsi almeno tre volte al giorno.”.
“Il sistema immunitario – spiega la professoressa Mele – funziona bene se viene rifornito costantemente con nutrienti specifici; diversamente è come se mandassimo in battaglia un esercito senza garantirgli però cibo caldo, coperte e munizioni. Un soldato stanco non è in grado di usare neppure le armi più potenti. E’ quello che succede al sistema immunitario in carenza di quota energetica, proteine, aminoacidi, microelementi (zinco) e vitamine (soprattutto D, A, C e B), che gli permettono di produrre le armi in grado di distruggere tutti gli invasori, dai batteri, alle cellule in trasformazione. Nel caso di un paziente oncologico, per effettuare una buona immunonutrizione, sono da preferire i prodotti arricchiti di arginina, nucleotidi e omega-3, per la capacità di modulare la cascata proinfiammatoria.
Anche il microbiota intestinale ha bisogno di certi nutrienti e costituenti del cibo per mantenere l’immunomodulazione. Il cibo – afferma la professoressa Mele – impatta drammaticamente sul sistema immunitario. Quando il paziente non viene rialimentato precocemente per vie naturali dopo un intervento (troppo spesso dimentichiamo che siamo cibo che deve transitare per l’intestino) può presentare traslocazione batterica, perchè l’intestino non nutrito diventa più permeabile ai batteri e questo facilita lo sviluppo di infezioni, quali le polmoniti da enterobatteri. Nutrire correttamente dunque significa anche modulare il microbiota e impedire che questa enorme massa di batteri ‘cattivì vada a raggiungere aree del corpo dove questi batteri possono dar luogo a gravi infezioni”.
(ITALPRESS).
Gemelli-Unicatt, troppi i pazienti oncologici malnutriti
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