Il successo dell’Inter è perfetto. Indiscutibile. San Siro il suo tempio, sull’altare il patrono Contropiede, il più antico e riverito santo dei miracoli. Se è vero che Conte ruggisce, come sempre rabbioso, è verissimo che con rara ma conosciuta abilità ha costruito per la Juve la prima Inter razionale della stagione, ognuno al suo posto, sicchè per la prima volta non è rivelata o salvata da Lukaku ma dal gruppo che esprime – come una volta, e subisco un attacco di nostalgia – due mirabili azioni in contropiede firmate da Vidal e Barella, il primo rinato, il secondo confermato perla preziosa della corona. Quanto tempo abbiamo perso a gonfiare questa partita immaginando che l’ultima prestazione della Juve – e di Chiesa – l’avesse resa degnissima del Derby d’Italia. Illusione. Niente Chiesa, niente Ronaldo, solo una voglia di Tikitaka risolta come se la Signora fosse una provinciale o una annoiata ricercatrice di novità. Vuota davanti, tremante dietro: non bastano da una parte la buona volontà di Morata, dall’altra i nomi – solo i nomi – di Bonucci e Chiellini a fare una difesa come quella che ha fatto grande la Signora. E’ vero, Chiellini ha vietato il gol a Lukaku: una trappola tesa da Conte che i gol li ha commissionati a altri interpreti.
Un consiglio a Conte: non si ecciti troppo per questa vendetta riuscita. Lasci perdere la Juve. Pensi al Milan.
E’ vero che incombeva su tutto Inter-Juve che ormai non è più una partita ma un evento, ma come perdersi la disperazione di Prandelli dopo il 6-0 di Napoli, la soddisfazione di Ballardini dopo il prezioso pareggio di Bergamo e lo smarrimento di Superpippo a Crotone? Se permettete, il campionato che al livello del Derby d’Italia è grandioso quant’è condito di rivalità che diventa veleno, è più vero un gradino più sotto dove le vittorie sono semplici gioie, le sconfitte autentici dolori. Voglio precisare che il pareggio del Genoa suona a vittoria e Ballardini è un raro esempio di allenatore di rincalzo che cambia un percorso accidentato in una spaziosa via della speranza. Dicevo a un amico, dopo Napoli-Fiorentina, di due osservazioni fatte in settimana: la prima riguarda Gattuso, al quale ho attribuito una solidarietà virtuale, quella di Gino Palumbo, il grande giornalista ricordato nel centenario della nascita, appassionato del Napoli fin da ragazzo; la seconda la Fiorentina che farebbe bene a pensare alla costruzione di una squadra competitiva piuttosto che alla demolizione di uno stadio storico. Est modus in rebus, c’è una giusta misura nelle cose. E’ vietato fare confusione.
(ITALPRESS).