L’intelligenza artificiale si trova ovunque nella vita moderna, dalle applicazioni per migliorare lo studio dell’universo, all’aiutarci a trovare video interessanti sui nostri smartphone. Finora, però, non era mai entrata in orbita.
Questo, almeno, fino allo scorso 2 settembre, quando un satellite sperimentale delle dimensioni paragonabili a una scatola di cereali è stato lanciato da un razzo insieme ad altri 45 satelliti di dimensioni analoghe. Il satellite, denominato PhiSat-1, è in orbita eliosincrona a 530 km di altitudine e a una velocità di oltre 27.500 km/h.
PhiSat-1 è dotato di una nuova camera termica iperspettrale con elaborazione dei dati gestita da intelligenza artificiale grazie alla VPU (Vision Processing Unit) Intel Movidius Myriad 2. Lo stesso chip che si trova all’interno di molte smart camera o anche su droni che si utilizzano per scattare selfie qui sulla Terra. PhiSat-1 fa parte di una coppia di satelliti la cui missione è monitorare i ghiacci polari e l’umidità del suolo. Oltre che testare i sistemi di comunicazione intersatellite in vista della creazione di una rete di satelliti confederati.
Qual è il primo problema che Myriad 2 sta aiutando a risolvere? La gestione della grande quantità di dati generati da fotocamere ad alta fedeltà come quella impiegata su PhiSat-1. “La capacità dei sensori di produrre dati aumenta di un fattore 100 ogni generazione, mentre la nostra capacità di scaricare dati cresce solamente di un fattore 4 o 5 per generazione”, afferma Gianluca Furano, responsabile sistemi dati e calcolo onboard dell’ESA, che ha guidato il progetto PhiSat-1.
In ogni dato momento circa 2/3 della superficie del pianeta sono coperti da nuvole. E questo significa che vengono scattate numerose immagini inutili, salvate, poi trasmesse a terra utilizzando preziose risorse di banda, di nuovo salvate, infine valutate, ore o giorni dopo, da uno scienziato (o da un algoritmo) su un computer solo per poi essere cancellate.
L’idea sviluppata dal team è stata di utilizzare il processore a bordo del satellite per identificare ed eliminare le immagini oscurate dalle nuvole, risparmiando circa il 30% di banda.
“Lo spazio è l’edge per eccellenza”, commenta Aubrey Dunne, chief technology officer di Ubotica. Il Gruppo irlandese ha costruito e collaudato la tecnologia AI di PhiSat-1, lavorando a stretto contatto con cosine, produttori della fotocamera, con l’Università di Pisa e con Singergise per sviluppare la soluzione completa. “Myriad è stata progettata da zero per restituire una grande potenza di calcolo in dispositivi a basso consumo, e questo è ideale per le applicazioni nello spazio”.
Tuttavia, non hanno progettato Myriad 2 per andare in orbita. Normalmente, i computer utilizzati nei velivoli spaziali utilizzano chip altamente specializzati “a prova di radiazioni” che possono essere “fino a due decenni più obsoleti rispetto allo stato dell’arte delle tecnologie disponibili in commercio”, spiega Dunne. Ecco perchè finora l’AI non rientrava nell’equazione.
Dunne e il team di Ubotica hanno quindi svolto un’attività di “caratterizzazione delle radiazioni”. Effettuando una serie di test sul chip Myriad per verificare come gestire eventuali errori di calcolo o semplicemente l’usura.
L’ESA “non aveva mai testato un chip tanto complesso per le radiazioni”, afferma Furano. “Avevamo il dubbio di essere in grado di testarlo correttamente. Abbiamo dovuto scrivere da zero il manuale su come effettuare un test completo e una caratterizzazione su questo chip”.
Il primo test, 36 ore consecutive di esposizione alle radiazioni presso il CERN verso la fine del 2018, “è stata una situazione di grande pressione”, commenta Dunne, ma quel test e i due successivi “fortunatamente per noi sono andati bene”. Myriad 2 ha infatti superato i test senza richiedere alcuna modifica rispetto alla versione commerciale.
Questo chip di computer vision ad alte prestazioni e basso consumo era già pronto per uscire dall’atmosfera terrestre.
Normalmente gli algoritmi di AI sono costruiti, o “istruiti”, utilizzando grandi quantità di dati da cui “imparare” – in questo caso si trattava di imparare a comprendere cos’è e cosa non è una nuvola. Tuttavia, considerando che la fotocamera era completamente nuova, “non avevamo alcun dato”, spiega Furano. “Abbiamo dovuto istruire la nostra applicazione utilizzando dati sintetici estratti da missioni già esistenti”.
Tutte queste attività di integrazione e collaudo di sistemi e software, con il coinvolgimento di sei organizzazioni in tutta Europa, si sono svolte nell’arco di quattro mesi. “Il fatto di essere stati tanto rapidi, efficienti e flessibili è un motivo di orgoglio”, dichiara Max Pastena, responsabile PhiSat dell’ESA. Per quanto riguarda lo sviluppo di velivoli spaziali, questa tempistica “ha del miracoloso”, aggiunge Furano.
“Intel ci ha dato supporto su Myriad quando ne abbiamo avuto bisogno, per abilitare le funzioni di intelligenza artificiale di PhiSat-1 utilizzando la tecnologia CVAI – aggiunge Dunne -. Abbiamo molto apprezzato”.
Purtroppo una serie di eventi non correlati fra loro – ritardi con il razzo vettore, la pandemia covid-19 e venti estivi sfavorevoli – hanno comportato un’attesa di oltre un anno per verificare che PhiSat-1 funzionasse in orbita come programmato.
Il lancio avvenuto nella Guiana Francese il 2 settembre, il primo “ride-share” di satelliti gestito da Arianespace, è stato rapido e senza intoppi. Da una prima verifica, il satellite ha salvato tutte le immagini e ha registrato ogni decisione presa dall’AI di non registrare immagini di nuvole, in modo che il team a terra potesse verificare che il sistema funzionasse come previsto.
Dopo tre settimane trascorse a trattenere il fiato, Pastena ha potuto proclamare: “Abbiamo appena fatto la storia delle missioni spaziali”.
L’ESA ha annunciato che il team di lavoro è stato “lieto di presentare la prima inferenza di intelligenza artificiale di sempre accelerata dall’hardware per le immagini di osservazione terrestre da un satellite in orbita”.
(ITALPRESS/TraMe&Tech).