Lo studio sul tema ‘Anxiety in older adolescents at the time of Covid-19’ condotto dal professore Gioacchino Lavanco e dalla dottoressa Daniela Smirni del Dipartimento di Scienze Psicologiche, Pedagogiche, dell’Esercizio Fisico e della Formazione dell’Università degli Studi di Palermo, in collaborazione col professore Pietro Smirni del Dipartimento di Scienze della Formazione dell’Università degli Studi di Catania, che hanno investigato l’ansia e la gestione delle emozioni degli adolescenti nel periodo del COVID-19, è stato pubblicato sulla rivista scientifica internazionale Journal of Clinical Medicine,
“Fin dal primo apparire del COVID-19, la popolazione anziana è stata individuata come la più fragile e vulnerabile. Minore attenzione è stata rivolta, invece, al mondo adolescenziale, anche se adolescenti e bambini, anch’essi, si sono ritrovati a confrontarsi con un nemico senza volto che semina morte, panico e sgomento in ogni angolo del pianeta. Nel periodo più restrittivo della pandemia – spiegano i ricercatori – ci siamo focalizzati su un ampio gruppo di adolescenti normali di una ristretta fascia di età (17-19 anni), relativamente lontana dall’instabilità emotiva della prima adolescenza e non ancora stabilizzata come la fascia dei giovani adulti, per ridurre eventuali manifestazioni di ansia riconducibili alle problematiche evolutive del periodo. Per le stesse motivazioni di metodo sono stati utilizzati strumenti di valutazione non direttamente riferibili a possibili reazioni ansiose all’epidemia tout court”.
“Nell’intero campione, una scala di ansia di stato documenta una fenomenologia ansiosa significativamente più elevata, sia nella qualità che nell’intensità, rispetto agli adolescenti normali di studi precedenti. Le difficoltà respiratorie, insieme ai disturbi del sonno ed all’anticipazione catastrofica del futuro, appaiono come i nuclei più sensibili all’ansia. Il respiro non è più una fonte di vita, ma il principale veicolo di trasmissione di morte. Perfino toccarsi, stare insieme, condividere, sentire il respiro e la pelle dell’altro sono un potenziale rischio di contagio, di malattia e di morte. Il futuro diventa nebuloso, confuso, carico di incertezze. Ed il sonno ristoratore si popola di fantasmi persecutori, angoscianti e beffardi che minacciano relazioni, socialità e qualsiasi pianificazione immediata e futura. Per converso, gli adolescenti dimostrano una buona consapevolezza emotiva e valide capacità di gestione delle proprie emozioni.
L’elevato livello di ansia, nonostante il buon livello di consapevolezza emotiva non può essere considerato l’espressione di una modalità stabile di funzionamento emotivo degli adolescenti normali studiati, ma deve essere ricondotto alle condizioni particolari di pandemia che primariamente interessano le funzioni respiratorie” continuano.
“La catastrofe pandemica – secondo gli autori – ripropone prepotentemente condizioni incontrollabili di impotenza e di stress che favoriscono la lievitazione di risposte ansiose che, in accordo al modello di impotenza appresa, possono attivare un eccessivo rilascio di glucocorticoidi ed un’alterazione dei normali livelli di cortisolo che nel tempo aumentano la vulnerabilità a patologie stress-correlate. Sulla base delle evidenze emerse – rilevano gli autori – un valido piano di interventi per il controllo degli effetti della pandemia non può limitarsi alle problematiche della popolazione anziana o ai danni subiti dal mondo dell’economia e dell’occupazione, ma deve tener conto delle reazioni emotive ed affettive degli adolescenti.
Se la pandemia appare inevitabile, imprevedibile ed incontrollabile e se le misure di restrizione risultano il solo modo di contenere la sua diffusione, la regola d’oro nei confronti delle ansie adolescenziali risulta quella di garantire una efficace ed empatica comunicazione per il contenimento dell’ansia e per la gestione dello stress”.
(ITALPRESS).