Imprenditore, politico ma soprattutto un dirigente sportivo che ha lasciato un’impronta così importante nella storia del calcio italiano da guadagnarsi un posto nella Hall of Fame istituita da quella Figc di cui è stato anche presidente. Antonio Matarrese spegnerà sabato 80 candeline e di strada ne ha percorsa parecchia. Giovane industriale originario di Andria, laureato in Scienze economiche e commerciali, l’ex presidente del Bari ha guidato a lungo il calcio italiano ricoprendo anche prestigiosi incarichi internazionali ai vertici di Fifa e Uefa. “Rappresentare l’Italia all’estero è stata l’esperienza più esaltante”, dice in un’intervista rilasciata all’agenzia ITALPRESS.
Presidente, come festeggerà i suoi 80 anni?
“Starò con la mia famiglia: mia moglie, le mie due figlie con i mariti e i quattro nipoti”.
Con quale spirito e interesse segue oggi il calcio?
“Mi diverto a constatare che le vivacità sono sempre le stesse. Le difficolta c’erano una volta e ci sono ancora, ma l’interesse economico alcune volte incattivisce il sistema”.
Quanto soffre nel vedere il “suo” Bari in serie C? E’ contento dell’arrivo di De Laurentiis?
“Sono certo che con i De Laurentis la sofferenza che procura il Bari sarà breve perchè hanno esperienza e forza economica per volare in serie A”.
Lei è stato presidente della Federcalcio e della Lega, vicepresidente della Fifa e dell’Uefa. Qual è stata l’esperienza più importante da dirigente e perché?
“Indubbiamente essere presidente di una squadra di calcio, da un giorno all’altro e in una città che pretende molto come Bari, è stato qualcosa di spaventosamente interessante. A distanza di cinque anni sono stato eletto presidente della Lega Calcio. Dopo ulteriori cinque anni presidente della Federcalcio e dopo qualche anno vicepresidente della Fifa e della Uefa. Rappresentare l’Italia all’estero è stata l’esperienza più esaltante”.
Lei è membro onorario di Figc e Uefa. Come giudica l’operato degli ultimi mesi di Gravina e Ceferin?
“Entrambi sono stati due capitani coraggiosi. La loro serenità, unita alla fermezza, hanno consentito di superare momenti davvero drammatici. Non è stato assolutamente facile, però hanno retto il timone”.
Sotto la sua presidenza in Figc, arrivò il rivoluzionario Arrigo Sacchi. Cosa la spinse a sceglierlo e poi a rimandarlo al Milan?
“La scelta del rivoluzionario Arrigo Sacchi è stata in linea con la mia mentalità che non è quella di vivere sul presente. Non dimenticate che sono stato io a volere Gigi Riva come mio delegato verso la squadra”.
Lei è stato anche parlamentare per cinque legislature dal 1976 al 1994. Come è stata quella politica e come giudica quella di oggi?
“La politica di ieri maturava nelle sezioni dei partiti, con uomini di esperienza e spessore politico, partiva da lontano. La politica di oggi nasce da una crisi e dalla stanchezza di quella vecchia e anche dalla rabbia che è frutto di una crisi morale. La politica di oggi ha bisogno di confrontarsi perche dal confronto può nascere un’Italia migliore”.
Da parlamentare lasciò nel 1987 la presidenza della Lega per andare in Federcalcio. Si è pentito di quella scelta?
“Assolutamente no! Un buon presidente di Lega è destinato a presiedere la Federcalcio e ancora anche come parlamentare sono stato di utilità per il calcio italiano. Oggi non è più possibile”.
Il suo decisionismo le ha procurato critiche e fatto nascere polemiche, ma non si è mai tirato indietro ed è uno dei rari dirigenti che da decenni gode di popolarità. Come lo spiega?
“Non mi sono mai nascosto e mi sono assunto tutte le responsabilità. Nel famoso periodo di Tangentopoli sono stato oggetto di indagini da parte di quella magistratura. Per avere applicato le regole ed evitato il fallimento del Torino Calcio un magistrato aveva chiesto la mia condanna a 7 mesi. L’unico presidente di Federazione sottoposto a queste vessazioni. Tutto si è sciolto come neve al sole!”.
Come ha vissuto Messico ’70 (da cittadino), Spagna ’82 e Italia ’90?
“Per quanto attiene il Mondiale in Messico ero davvero molto lontano dall’interesse. Per Spagna ’82 venivo fuori dalla mia
elezione come presidente di Lega il 10 marzo di quell’anno. Arrivato in Spagna, con un’Italia che stava per ritornare a casa anzitempo, mi fu chiesto se da presidente federale avrei tollerato questa onta e cosa avrei fatto. Diedi una risposta baldanzosa: ‘li avrei presi a calci’. Le mie parole suscitarono le reazioni da parte di quella squadra che poi ha vinto il Mondiale. Per quel che riguarda Italia ’90, grandissime emozioni e grandissimo dolore per la sconfitta dell’Italia contro l’Argentina di Maradona. Noi siamo tornati a Roma quasi in lacrime e una buona parte di napoletani festeggiava il loro eroe Maradona”.
Nell’ultimo periodo il calcio si è visto privare di personaggi molto carismatici come Gigi Simoni, Mario Corso, Pierino Prati e il giornalismo di un grande come Gianni Mura. Tutti hanno attraversato la sua era da dirigente, come ricorda loro e come ricorda eventuali altri?
“La scomparsa di questi personaggi carismatici se da una parte ci
addolora dall’altre parte ci fa rendere orgogliosi e fortunati di averli conosciuti, imparando molto da loro. Il calcio Italiano deve essere loro grato per quanto hanno dato alla nostra storia”.
(ITALPRESS).