DIFENDO SUPERMARIO, GLI SUGGERISCO L’EDILIZIA

Nei giornali di una volta, comprati e letti generosamente, anche perchè – dico io – le pagine non erano tante, si usavano certe pratiche come trucchi del mestiere. Si scrivevano articoli che andando verso sera potevano essere scalzati da notizie dell’ultim’ora e finivano in una cartelletta intitolata “POSCIA” affidata al proto di notte che la passava al proto di mattina perchè componesse il testo subito, per non intasare il lavoro in tipografia. A volte la notizia più bella del giorno, trattata con spazio adeguato, si svuotava all’improvviso e allora bisognava avere a portata di mano una storia pronta, preconfezionata, addirittura dotata di titolo e foto; la storia si chiamava emergenza e di solito era cronaca nera, aggiornamenti legali di processi celebri tipo “Rina Fort la saponificatrice di Correggio”, “Si tuffa e trova l’oro di Dongo”; oppure, per lo sport, “La Coppa Rimet sotto il letto” che, per chi non lo sapesse, ricordava con sempre nuovi dettagli come Ottorino Barassi, presidente della Figc detentrice dell’ultima edizione della Coppa vinta nel 1938 dalla Nazionale di Vittorio Pozzo, l’avesse messa in una scatola da scarpe e infilata sotto il letto per nasconderla ai nazisti che perquisivano le case: impresa lodata da tutti i calciofili del mondo che tuttavia non impedì il siluramento del bravo Ottorino quando l’Italia sconfitta a Belfast non potè partecipare ai Mondiali del’58 in Svezia (altra storia sempre vendibile, come quella – torno alle “nera” – di Wilma Montesi, vittima di un criminoso pediluvio nel 1953, protagonista di un libro appena uscito).
Ecco, dopo avervi deliziato con questa premessa da Tempi Moderni, voglio dirvi che certi trucchi valgono sempre: in giorni di magra come questi, privi di fatti da narrare salvo le cialtronerie del Coronavirus applicato al calcio, può capitare che nella redazione sportiva il capo annunci un pò dimesso “Oggi voglio una bella storia su Balotelli” e che qualcuno gli risponda “benissimo, è appena arrivata una notizia che lo riguarda, Cellino lo ha licenziato! Possiamo metterla all’inizio del pezzo, il resto è praticamente già scritto”. E via alla tastiera.
Giuro che questo non c’entra niente con il pezzo che sto scrivendo e che mi è stato chiesto solo perchè anni fa, sette se ben ricordo, raccolsi in un libro gli articoli scritti su queste pagine intitolandolo “Bad Boys”, dedicato a Supermario e al suo collega Andonio Cassano (sì, Andonio), testo trattato anche da eminenti psicologi. Fra i commenti ricordo questo “l’autore accompagna il lettore e lo sportivo lungo un quadriennio pieno di promesse più o meno mantenute, talenti sbocciati o smarriti, scandali veri o presunti che hanno segnato, e spesso condizionato, il periodo vissuto dallo scacco del Mondiale sudafricano all’avventura europea della nuova Italia di Prandelli. Un tempo scandito da storie, personaggi, campioni e bidoni”. Balotelli bidone? No: io l’ho sempre difeso e ancora – magari annoiato – lo difendo, perchè la sua storia, fin dalla nascita, è una storia speciale di sofferenza, di dolore, premiata giustamente da successi e guadagni perchè il piccolo abbandonato in un ospedale di Palermo e adottato da una famiglia bresciana è nato con un dono, piedi da calciatore che adeguatamente esercitati lo han fatto diventare campione. Nessuno, nel frattempo, famigliari e procuratori, ha potuto insegnargli altro ed ecco, pronta per centinaia di pubblicazioni e documentari, “La saga di Balotelli” della quale si rimanda sempre la fine perchè – come dicevo – è un vero e proprio pronto soccorso editoriale.
Bene, io la fine vorrei invece raccontarla, almeno immaginarla: con tutti i soldi che l’onnipotente Raiola gli ha fatto incassare (guadagnare no, direbbero Moratti, Berlusconi, mister e monsieur, poi Cellino) gli suggerirei di farsi imprenditore, non megagalattico come Briatore, ch’è un genio, non produttore di abbigliamento sportivo o titolare di un ristorante a la page, attività succhiasoldi: mi darei al mattone, all’edilizia che, finita la crisi, tornerà a rendere. Poi, come dire?, un giorno potrà andare orgoglioso, dopo aver distrutto magliette, cuori e supercar, di avere costruito qualcosa. Anche una casetta per Pia.

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