“Multi-trait approach to enhance FRUit qualITY in post-harvest storage conditions” è il nome (complesso e articolato anche in italiano) di un progetto altrettanto complesso e articolato ma dagli sviluppi concreti utilissimi per l’export agricolo. Si tratta infatti di un metodo rapido e non distruttivo per valutare e predire la qualità di un frutto prevenendone e controllandone la perdita di qualità; il tutto grazie all’applicazione di nuove tecnologie che si concretizzano in un kit diagnostico di anticorpi. L’obiettivo è migliorare la qualità della frutta fresca prodotta in Calabria, riducendone la perdita durante la catena di approvvigionamento, favorendo così l’export. Ne parliamo con la referente scientifica del progetto Natasha Spadafora, calabrese di nascita, da 15 anni all’Università di Cardiff (Gran Bretagna), una lunga collaborazione con l’Università della Calabria, selezionata nell’ambito del bando Brains to South, promosso dalla Fondazione con il Sud per attrarre cervelli nel Mezzogiorno. La dottoressa Spadafora che spiega come tutto sia nato dal desiderio di far apprezzare anche all’estero le meravigliose qualità organolettiche dei prodotti calabresi.
“Andando al supermercato in Inghilterra – racconta – vedevo e acquistavo frutta stupenda che non sapeva di niente, pomodori rossi lucidi che si rivelavano acquosi e senza alcun profumo. Possibile che non si riuscissero a far godere odori e sapori della mia terra anche lontano da essa?”. Da qui la sua “sfida personale”, forte del suo dottorato di ricerca in scienza delle piante e del lavoro svolto sempre nel settore applicativo, con particolare attenzione ai temi legati al sapore. ” Voglio arricchire queste terre – dice riferendosi al Regno Unito e più in generale al resto del mondo – di quei sapori che ora non mi è possibile condividere con le persone che vivono qui: questo è un progetto legato alla mia terra, affinchè il Sud Italia possa esportare all’estero ciò che è bravo a fare” Il primo lavoro è stato fatto sulle pesche ed ha previsto due fasi: la prima di caratterizzazione e monitoraggio della qualitá della frutta cioè aroma, sapore, contenuto di composti con valore nutrizionale (ad esempio la vitamina C, Fenoli, Carotenoidi) e caratteristiche intrinseche come durezza, aciditá, contenuto di zuccheri. A questa analisi sono stati affiancati un panel di consumatori e uno di assaggiatori esperti alcuni in Calabria e altri in Gran Bretagna così da poter identificare un gusto soddisfacente per entrambi i palati.
Il secondo approccio prevede lo sviluppo di kit diagnostici per definire la perdita della qualitá della frutta nella filiera. Per fare ciò è stata analizzata insieme all’Universitá della Calabria la componente genetica (trascrittoma) dei frutti raccolti, mantenuti per alcuni giorni in condizioni di bassa temperatura. Sono stati poi selezionati i singoli geni attraverso i quali adesso stiamo creando dei kit diagnostici con i colleghi dell’Universitá di Milano. I prototipi dei kit verranno testati dai produttori del consorzio Sibarit e da aziende che vendono nel Regno Unito, così da coprire la filiera dal produttore fino alla vendita nel mercato. Il progetto FRUITY, ha visto come caso studio le pesche coltivate in Calabria, ma poichè questo approccio é applicabile ad altre colture, dopo rucola, melone e fragole lo stiamo testando sul pomodoro, che molti non sanno essere un frutto anzichè una verdura. Abbiamo iniziato la caratterizzazione della componente aromatica di 4 varietá di pomodoro, grazie al supporto dell’azienda partner del progetto Markes international (UK), che ci fornisce strumentazione di ultima generazione per l’analisi della componente aromatica, con campionamento in Calabria e analisi presso l’Universitá di Cardiff. Allo sviluppo del kit seguirà una fase di test per simulare le condizioni industriali e uno studio sulle preferenze dei consumatori ; il distretto alimentare di Sibari analizzerà il potenziale impatto economico attraverso questionari e interviste ad aziende del settore locali.
Infine, i risultati della ricerca saranno diffusi sul territorio e potranno essere utilizzati per implementare le pratiche dei produttori, in modo da definire un sistema di controllo più efficace, migliorare la qualità dei loro prodotti e favorirne l’esportazione su un mercato internazionale. ” Durante l’anno scendo molte volte in Calabria: quando non c’è campionamento ci sono attività di diffusione del progetto, whorshop con le aziende, la Regione Calabria, il Dipartimento Agricoltura e Ricerca e Sviluppo In questa stagione – dice Spadafora – dovrei già fare il campionamento, ma la quarantena mi trattiene nel Regno Unito; appena posso partirò e mi fermerò sino ad agosto per lavorare sul campo al mio gruppo formato da 3 borsisti e un assegnista”. Mi piace pensare che dal mio progetto possano trarre vantaggio tutti i componenti della filiera “from farm to fork” in quanto il consumatore riceve un prodotto caratterizzato per la sua qualitá eccellente e il produttore – una volta fatto il test diagnostico che garantisce una minore perdita di prodotto – puó scegliere se vendere ad una filiera piú ampia o rimanere in ambito locale”.
(ITALPRESS).