NON TUTTI I VIRUS VENGONO PER NUOCERE

Non tutti i virus vengono per nuocere. Come in tutte le disgrazie c’è chi ci guadagna. Ci son passati davanti agli occhi decine di virologi e affini, molti dei quali son trascorsi dall’anonimato alla fama, dalla fama alla gloria (alcuni anche dalla gloria alla fame) ottenendo preziosi ingaggi dalle tv che si sono trasformate in scatole di magìa, facendosi concorrenza non più con soubrette e politicanti ma con tuttologi specializzati in Coronavirus da febbraio. Prima sconosciuti. Alcuni, non pervenuti in video, hanno rimpinzato i social sparando sciocchezze da galera. Come gli esibizionisti, coloro che s’inventano d’essere sopravvissuti al coronavirus e trovano solerti intervistatori e sciocchi sodali facili a cadere nella trappola della bugia a volte organizzata e costosa. Arrivati alla fine del lockdown molti hanno assunto una nuova veste: sono i futurologi. Questi, a loro volta, si sono divisi in due categorie: ottimisti e pessimisti. Gli ottimisti sfruttano l’onda di protesta dei seguaci del liberatutti – editto mai emanato ma percepito nella confusione di decreti e decretini – ma non sono più ricercati. Sono ovvi. E infastidiscono i superstiziosi che respingono dal primo giorno lo slogan pseudo liberatorio “#andrà tutto bene” dopo aver contato a migliaia le vittime della pandemia. E’ andata malissimo. Funzionano ancora i pessimisti, da evocare con cura – terque quaterque testiculis tactis – perchè ritenuti dal popolo portatori di sfiga; costoro, pur soffrendo la sindrome di Cassandra, l’inascoltata profetessa di sventure, insistono nel predicare il ritorno del Maledetto avventurandosi anche nei tortuosi percorsi biblici. I pessimisti li guida la paura, li difende il malocchio suggerito da prediche futuribili piene di minacce che, volendo, si possono spendere in incontri a tempi e spazi ravvicinati anche come passatempo. Dai tarocchi al burraco. I ricconi possono permettersi il tavolino a tre gambe e altri mobili. Come il divano dello psichiatra. Cresce a dismisura il fatturato degli Otelma, dei Nostradamus di paese. Fosse vivo, Gustavo Adolfo Rol farebbe milioni.
Se il virus non molla – dico io – arriveranno i Savonarola e non sarà festa. In famiglia – antenato di mia madre – ho avuto un contemporaneo, e collega, del frate domenicano finito al rogo. Frate Matteo da Bascio (1495-1552) era un francescano umilissimo dato alla cerca per aiutare i poveri e fu autorizzato da Francesco e dal papa a fondare l’ordine dei Cappuccini nel quale crebbe Padre Pio. Era stagione di eretici e miscredenti, ma anche di stenti e violenze, e Matteo si fece predicatore durissimo prima viaggiando nelle contrade del Montefeltro, poi allargandosi in altri territori. Era “di statura alta, di viso lungo e magro, di pochissimo riso, com’anco di poca allegrezza”; un cronista nel 1543 scrisse che “era più ruvido a maneggiarsi, anzi non punto sociabile, usava semplici frasi ritmate così che potessero essere facilmente comprese anche dagli illetterati, faceva cantare canzonette devote, predicava il Crocefisso e gridava “All’inferno i peccatori”. A Città di Castello, alcuni giovani lo gettarono nel Tevere perchè non avevano gradito i suoi rimproveri. Una testimonianza dei toni apocalittici usati da Matteo è contenuta in un rarissimo opuscoletto di Montegiano da Pesaro, dato alle stampe nel 1552 all’indomani della sua morte, dove elenca i peccatori che perseguiva: “le donne vanitose, gli ipocriti, gli ubriachi, i fannulloni, gli invidiosi, i potenti che spadroneggiano, gli avvocati, i notai e i procuratori, i medici e i mercanti, i ricchi contadini e i padroni sfruttatori, i coloni ingannatori, gli artigiani, i mugnai e i fornai, i sarti, gli osti e infine gli indifferenti e gli spensierati”. Morì a Venezia. Forse avvelenato. Fu beatificato nel 2002 da Papa Giovanni Paolo II – c’ero – forse per pareggiare il conto con Josemaria Escrivà de Balaguer. Fondatore dell’Opus Dei.

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