Dopo la ripartenza dei tedeschi, come reagirà il Mondo, l’Europa, l’Italia del calcio ? La Bundesliga ha fornito un primo esempio di quello che potrebbe essere il campionato ai tempi del coronavirus. Il transfuga Klopp, dall’Inghilterra, se ne è detto entusiasta. Certo, bisognerà vedere cosa succederà negli esami medici dei prossimi giorni per dire con sicurezza se si può ricominciare ovunque, anche da noi. In ogni caso, abbiamo capito come saranno le partite dell’immediato futuro: senza pubblico, con i giocatori che non si rotoleranno per terra in occasione dei gol, uno sull’altro, ma si daranno solo di gomito con grazia e a distanza. Inoltre, pallone sanificato, riserve in tribuna dietro le panchine, fair play per evitare perniciose scazzottature. Qualcuno ha già detto che senza i tifosi non ci può essere spettacolo, ma si sa che da tempo il nostro sport non è più calcio per mille motivi: le regole che cambiano ad ogni piè sospinto, i contratti che vengono ignorati o stracciati, le risse di cortile sui canali televisivi e altro ancora. Insomma, è un’altra cosa, che può piacere o no, specie agli antichi suiveurs.
Nemmeno la vita di tutti i giorni del resto, è quella di prima, con le mascherine che ci impediscono, per la strada, di riconoscere i nostri parenti più vicini, le distanze da osservare, la salute da preservare dagli assalti del virus che non si riesce a sapere dove sia: in cielo, in terra e in ogni luogo. Ma siccome ci tocca ingoiare l’amara pillola finchè quest’emergenza non finirà, è già qualcosa – in assenza di cinema, teatri e spettacoli d’arte varia – che si possa assistere a qualche partita, anche se molti pensiamo (e alcuni lo hanno fatto) che sia il caso di lasciar perdere e ricominciare in autunno con il prossimo campionato. Epperò, ci sono i soldi dei club di mezzo e uno straccio di tentativo di ricominciare bisogna farlo. Le idee sono talvolta confuse, ma la buona volontà è tanta. In ogni caso, la Germania è passata dalle chiacchiere alla pratica, mentre altri (fra cui noi) fanno filosofia e non decidono nè di fermarsi, nè di ricominciare. I politici bisogna capirli: hanno delle responsabilità e devono evitare di commettere errori (ci sono di mezzo credibilità ed…elezioni) e quindi vogliono scaricare la decisione su altri.
Così da noi il premier Conte, assediato dai critici che non gli perdonano nulla, dato che il potere logora chi non ce l’ha (Andreotti), ha dato un colpo di freno agli entusiasmi dei calcianti, dicendo che per far partire il campionato occorrono garanzie che ali momento non ci sono. Ma il campionato italiano è fra quelli che non hanno certezze. Siamo andati a scartabellare e sono parecchie le nazioni che hanno fissato delle date di inizio, ma prevalentemente domina l’incertezza. In Spagna, per esempio, contano di recuperare il terreno perduto a tappe forzate (in campo ogni 72 ore) facendo giocare le partite in orari che terranno conto del “calor” locale, dato che nella penisola iberica l’estate non è uno scherzo: alcune gare potranno cominciare alle 23, finendo all’una di notte. Un campionato per nottambuli. Dall’Inghilterra (dove sarà un lunedì di incontri fra i capitani che vogliono rassicurazioni sulla salute) è giunta notizia dai tabloid che un ignoto giocatore dal nome importante e dal portafogli ben fornito, ha affittato un jet, un locale e un appartamento di Parigi per una serata a luci rosse, poi è tornato a Londra per allenarsi, ma mantenendo le dovute distanze…
Intanto, leggendo i bollettini della Protezione Civile, si vede che i numeri dei contagiati e dei morti (in calo, ma sempre di persone si tratta, non di cifre) sono più rassicuranti, ma si teme che l’apertura indiscriminata a tutte le attività, ai viaggi, possa provocare un ritorno del “caro” virus. Poi, si sa, noi siamo più realisti del re e, non fidandoci gli uni degli altri, sono in corso ispezioni presso le società al lavoro, inchieste e quant’altro per tenere occupate le persone. E c’è chi si chiede chi abbia sbagliato il protocollo. Già, il protocollo. Bisogna ritoccarlo. Al momento comunque, ci sono alcune società con un passato importante (il Catania) che rischiano di fallire, gli arbitri che chiedono rispetto e tante variazioni sul tema. Rizzoli, il designatore, ha detto che in ogni gara un fischietto prende circa 200 decisioni e quella più difficile riguarda sempre la volontarietà del “mani”, specie in area, nonostante la presenza del Var. Insomma nel salotto buono del pallone si disquisisce e si chiacchiera amabilmente del più e soprattutto del meno, in attesa che la palla torni a rimbalzare. Le ultime dicerie ci fanno sapere che, mentre il Coronavirus si è fermato a Parma, contagiando qualche giocatore (due in isolamento dopo un primo tampone positivo e un secondo negativo), i presidenti per metterci su i soldi della ripresa, vogliono avere la certezza di giocare il 13 giugno.
Altrimenti niente. E, per cambiare, pullulano i dubbi: completare la stagione giocando tutte le 12 partite non disputate, i recuperi e la Coppa Italia, oppure finire l’annata con i playoff? Vedremo. Ma chi ci potrà assicurare che qualcosa si farà? Per adesso l’unico sport praticato è quello dello scaricabarile.