Prima del coronavirus guida autonoma e car sharing erano i grandi driver del settore automobilistico mondiale, insieme alle motorizzazioni di nuova generazione. Ma se i motori elettrici o a idrogeno saranno ancora centrali nei modelli di business post Covid-19, i mezzi condivisi con sistemi di self-driving sono sprofondati in fondo alla lista.
Una conferma eccellente è arrivata oggi da Stefan Hartung, presidente del settore Mobility Solutions di Bosch, che a una domanda sul futuro della guida autonoma ha risposto: “In questo non possiamo rispondere”, dicendosi stupito di come le case automobilistiche abbiano repentinamente cambiato orientamento su questo fronte. “I livelli 1 e 2, e forse 3, di guida autonoma sono oggi già presenti su molti modelli e si andrà avanti, per i livelli 4 e 5 invece servono investimenti troppo alti”, ha spiegato ancora il manager tedesco alla presentazione dei risultati 2019. Gli effetti della tempesta Covid-19 non si fermano qui, perché sempre Hartung ha spiegato come “dopo che negli ultimi 3 anni di calo delle vendite dei motori diesel in Europe e India, ora prevediamo una stabilizzazione del calo. Anche in ragione delle nuove norme sui livelli di emissioni di Co2 che non riguardano solo i singoli modelli, ma anche l’intera gamma. E oggi i diesel Euro 6 sono molto efficienti sotto questo aspetto”.
Parole che fanno tirare un sospiro di sollievo anche ai 1.850 dipendenti dello stabilimento di Bosch di Bari, dove si producono appunto pompe per i sistemi di distribuzione per i motori di ultima generazione. “Vediamo un futuro per l’impianto di Bari” ha spiegato ancora Hartung, aggiungendo: “Continuiamo a sviluppare nuove tecnologie che hanno quasi azzerato le emissioni di Nox. Prima della crisi Covid, il diesel valeva il 40% del mercato, ora vedremo”.
Dopo aver chiuso temporaneamente circa cento fabbriche nel mondo, Bosch sta programmando riaperture progressi che dovrebbero concludersi entro maggio. Il 2020 sarà comunque un anno difficile, previsto un calo del fatturato del 10% a fronte di un calo della produzione del 20%. A pesare è soprattutto proprio il comparto auto, dove già nel 2019 la franta dei mercati asiatici aveva fatto sentire i suoi effetti.
In Italia il gruppo fattura 2,4 miliardi e dà lavoro a 6.000 persone attraverso 19 società che coprono anche i settori Industrial Technology, Consumer Goods, Energy and Building Technology. In queste settimane di lock-down è stato applicato laddove possibile lo smart working, e ora nell’attesa di una Fase 2 completa, a Bari già si lavora al 10/15% della capacità, a Crema al 20-25% così come a Villasanta, mentre negli impianti di Fagagna si è già arrivati al 50% e a Brembate, dove 100 addetti realizzano le punte per i trapani, il ritmo di lavoro è quasi full-time.
Sempre nello stabilimento di Bari, vengono anche prodotte da alcune settimane delle mascherine, l’obiettivo del gruppo è arrivare a produrne mezzo milione ogni giorno tra tutti i tredici impianti di nove Paesi dove questa produzione è stata avviata. Sempre nella lotta al coronavirus, il ceo di Bosch, Volkmar Denner, ha annunciato che il gruppo intende produrre un milione di dispositivi di analisi Vivalytic quest’anno, e tre milioni nel 2021. “La domanda è enorme. Stiamo facendo tutto il possibile per aumentarne significativamente la produzione e quintuplicheremo la nostra capacità rispetto ai piani originali entro la fine dell’anno”, ha spiegato. Il dispositivo di analisi Vivalytic sarà utilizzato inizialmente negli ospedali e negli ambulatori medici, principalmente per proteggere il personale sanitario, per cui la disponibilità dei risultati del test in meno di due ore e mezzo è fondamentale. Il test rapido viene già fornito ai clienti europei con una etichetta “research use only” e può essere utilizzato dopo la certificazione. Bosch prevede di ottenere la certificazione CE entro la fine di maggio. Si lavora poi su un test ancora più rapido che può rilevare con attendibilità i casi di Covid-19 in meno di 45 minuti, che è in fase di sviluppo finale.
Tornando al futuro dell’auto, Bosch ritiene necessaria un’offensiva tecnologica che prenda in considerazione anche motori a combustione efficienti e in particolare i carburanti sintetici rinnovabili e le fuel-cell, che si prevede possano essere immesse sul mercato dal 2022. “L’idrogeno sta assumendo un’importanza sempre maggiore sia nel settore dell’automotive sia nella tecnologia delle costruzioni” ha concluso Denner, che prevede un mercato dei sistemi fuel-cell che potrebbe valere 20 miliardi di euro nel 2030.
(ITALPRESS).