Sono molte le pratiche burocratiche che possono essere collegate a un immobile. Tra queste ci sono anche la DIA e la SCIA. Nel momento in cui un edificio deve essere sottoposto a degli interventi, che spaziano dalla costruzione ex novo, passando per il restauro e l’ampliamento fino alla stessa demolizione, per legge è necessario comunicare l’intenzione di iniziare i lavori all’amministrazione competente. Entrano allora in gioco la DIA e la SCIA. Ma di cosa si tratta nello specifico e quali sono le differenze sostanziali tra queste due tipologie di pratiche?
Che cos’è la DIA
La DIA, acronimo di “Dichiarazione di Inizio Attività” è una procedura amministrativa che è stata introdotta nel nostro paese con la legge numero 47/1985. Per lungo tempo, la pratica è stata disciplinata dal Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia.
Nell’ambito edilizio, la DIA è nata con lo scopo di semplificare l’iter burocratico per la realizzazione di specifici interventi. A partire dal 2010, tuttavia, questa procedura è stata in parte accantonata. Per alcuni interventi è stata infatti sostituita da pratiche ancora più semplificate, come la SCIA.
Che cos’è la SCIA
Nel campo edile, con il termine SCIA, acronimo che sta per “Segnalazione Certificata di inizio attività”, si indica una autocertificazione mediante la quale si attesta di possedere tutti i requisiti necessari per iniziare un’attività edilizia.
Per essere considerata valida, la SCIA deve essere completa di tutta la documentazione comprovante l’esistenza di tali requisiti. La pratica può a questo punto essere presentata
allo Sportello per l’Edilizia del Comune in cui si svolgerà l’attività.
Quando presentare la SCIA
La SCIA deve essere presentata quando si intende eseguire determinati interventi su un immobile. Tra questi, vi sono ad esempio:
- Interventi di edilizia “leggera”, ovvero quel tipo di operazioni che non determinano l’aumento delle unità immobiliari, modifiche del volume o delle superfici, il cambiamento della destinazione d’uso e, nel caso di edifici sottoposti a vincoli paesaggistici, la modifica della sagoma dell’immobile;
- Interventi di manutenzione straordinaria;
- Attività di restauro e di risanamento conservativo su determinati aree strutturali dell’edificio;
- Varianti del Permesso di Costruire che non comportino modifiche nella cubatura o nella destinazione d’uso, esclusi gli adeguamenti alla normativa antisismica.
Differenze tra DIA e SCIA
Tramite l’introduzione della SCIA, il Governo ha cercato di snellire ulteriormente le procedure burocratiche riguardanti la costruzione di nuovi immobili e il risanamento di quelli esistenti, al fine di accelerare l’inizio dei lavori.
All’atto pratico, la DIA interessa le opere per le quali non è sufficiente presentare una SCIA e quelle che sono soggette alla richiesta del Permesso di Costruire, definito anche Super DIA. Nell’ambito della ristrutturazione, si tratta di interventi che in termini tecnici vengono definiti di “edilizia pesante”, poiché mirano a dare vita a un immobile completamente o in parte diverso rispetto al progetto iniziale. La DIA riguarda inoltre:
- Gli interventi di nuova costruzione;
- Le ristrutturazioni urbanistiche;
- Le opere che, in base alle leggi regionali, prevedono la semplificazione rispetto al Permesso di Costruire.
La differenza più evidente tra DIA e SCIA riguarda i tempi. La SCIA consente infatti di dare inizio ai lavori il giorno stesso in cui si presenta la domanda. Seguono successivamente 60 giorni durante i quali gli organi di controllo devono verificare l’esattezza dei dati contenuti nella procedura, intervenendo nel caso in cui siano riscontrate delle irregolarità. La DIA necessita invece un’attesa di 30 giorni dalla data di presentazione per poter iniziare i lavori.
Tanto la DIA quanto la SCIA hanno una durata limitata ai 3 anni. Eventuali lavori che non vengono conclusi in questo periodo di tempo necessitano perciò la presentazione di un nuovo permesso.