Il senso di impotenza davanti al Coronavirus sta facendo scemare l’autoritarismo degli enti calcistici internazionali che piano piano stanno capendo (come e’ accaduto all’Unione europea) che ormai il loro potere si sta sgonfiando e sara’ meglio essere piu’ malleabili. Le date di ripresa del calcio sono diventate flessibili e, senza stare attenti, si puo’ trovarsi davanti a un possibile fallimento di tutto il movimento. E Ceferin (presidente UEFA) pensando a un completamento della Champions entro il 3 agosto, ha ammesso che si potrebbe non tornare a giocare: “Tutto dipendera’ dai governi”. Si ipotizzano ondate di fallimenti dei club anche nelle nazioni piu’ ricche. Da noi, il realismo ha fatto pensare a un patentino, come un certificato di salute, per giocatori e appartenenti alla famiglia calcistica per poter ripartire. E si spera negli ultimi 300 milioni delle tv per tirare a campare. Ma se la stagione non si concludera’ ? In futuro le tv pagheranno ancora il miliardo a un campionato dalla fattibilita’ e “giocabilita’” incerte ? Il Coronavirus ci prospetta un futuro nebuloso. Nel manuale di filosofia spicciola, per la vita di tutti i giorni, dopo il dolore e’ prevedibile il rancore.
Una massa di problemi incombono sulla vita di tutti i giorni, quindi anche nel calcio, inevitabilmente. Il Belgio ha deciso di assegnare il titolo a chi era primo (con 15 punti di vantaggio) al momento della sospensione, cioe’ il Bruges, ed e’ stato minacciato di esclusione dalle coppe europee dall’UEFA; l’Inghilterra, dove il soldo e’ la cosa piu’ importante, ha cercato di mettere a posto le questioni salariali con riduzione del 30 % degli emolumenti e i giocatori hanno risposto picche; in Spagna le societa’ vogliono tagliare del 50 % gli stipendi, i giocatori intendono perdere solo il 20%. Ognuno sta insomma cercando di orientarsi secondo la propria indole. A livello Uefa, situazione fluida: si era pensato di far terminare i campionati e le coppe europee in estate e far disputare la finale di Champions nella seconda meta’ di agosto a Istanbul. Le coppe europee riprenderebbero in ottobre. I campionati in settembre. Ora si parla del 3 agosto come deadline. Ma, a seconda dell’evoluzione della situazione che riguarda il Coronavirus, si decideranno le formule di Champions.
Si era parlato di quattro soluzioni: a) far giocare tutte le 17 gare (andata e ritorno, insomma vecchia formula); 2) partite secche (11 gare); 3) final four con quattro squadre (11 partite a Istanbul); 4) final eight con otto club (11 partite a Istanbul). Ma tutto cambia rapidamente e le tante soluzioni prospettate hanno fatto capire che le idee sono tante e fors’anche confuse. L’Italia, che e’ notoriamente la patria del diritto (e del rovescio), e’ divisa perche’ gli interessi sono divergenti. L’esempio della Juve e la trattativa concluse con i giocatori e’ piaciuta a pochissimi. Fra i dirigenti, chi sperava negli aiuti del governo, alle prime risposte evasive, ha capito che sara’ meglio percorrere altri sentieri. I club vorrebbero togliere quattro mesi di emolumenti ai calciatori che sono disponibili a perderne solo uno. Il governo ha deciso che gli allenamenti non possono riprendere prima del 13 aprile, se tutto andra’ bene, come dice lo slogan dei bambini. Calcolando che occorre circa un mese di preparazione per riprendere a giocare, se ne parlerebbe a meta’ maggio: ma chi puo’ esserne sicuro ? Un discorso importante e’ stato quello fatto da Oliver Bierhoff, che ha giocato da noi nell’Udinese e nel Milan, diventando poi dirigente della Nazionale tedesca e del calcio teutonico. L’ex goleador rossonero ha realisticamente previsto che il calcio dovra’ mettere da parte certe sue abitudini miliardarie: “Meno avidita’” ha auspicato, preconizzando “minori guadagni”. Ovviamente questo spartito non piacera’ a tutti i musicanti. Eppure, bisognera’ pensare a un futuro che non ripristinera’ (almeno subito) un sistema di grassa economia come quella che era ormai brillantemente affermata prima del Coronavirus. Il calmieramento del mercato sembra inevitabile, anche se qualcuno non se ne vuole rendere conto. Si era creato una sorta di imbuto in cui entravano tutti i proventi degli incassi televisivi, pubblicitari, degli sponsor e delle biglietterie. Ognuno ne traeva il proprio rendiconto e tutti vivevano felici e contenti. Alcuni campioni avevano introiti da nabbabbi, in generale gli altri calciatori (di livello, non quelli delle serie “minori”) se la passavano bene. Altri personaggi vivevano ai margini del mondo pallonaro e se la cavavano egregiamente sulla pelle degli altri. Ma se in futuro nell’imbuto finiranno meno soldi, le fette di guadagno saranno piu’ sottili e bisognera’ accontentarsi. Per quanto riguarda l’Italia, i diritti televisivi potrebbero essere svalutati, come gia’ detto. E dato che ai club arriveranno meno proventi, via via scendendo per li rami, ci saranno meno possibilita’ economiche per tutti. Mettere d’accordo i nostri presidenti sara’ difficile. E’ come in politica: anche con i morti in casa, le polemiche “fioccano come le nespole”, secondo una definizione del compianto Aldo Biscardi. Eppure i fatti dovrebbero far riflettere, come il contagio fra i giocatori. Ma molti vogliono continuare a ballare, come sul Titanic, mentre la nave affonda. E allora: musica, maestro.
DOPO IL DOLORE IL RANCORE, QUALE RIPARTENZA?
Vuoi pubblicare i contenuti di Italpress.com sul tuo sito web o vuoi promuovere la tua attività sul nostro sito e su quelli delle testate nostre partner? Contattaci all'indirizzo [email protected]