L’avviamento costituisce un’immobilizzazione di natura immobiliare presente (non sempre) in azienda. Come tale, non è un elemento tangibile ma… ciò non significa che non abbia un suo valore, e che non possa avere un forte impatto sull’evoluzione dell’iniziativa imprenditoriale.
Ma che cos’è l’avviamento? E cosa si intende per avviamento ammortizzato?
Cos’è l’avviamento
L’avviamento è la capacità di generare reddito da parte dell’azienda, frutto di diversi fattori. Si pensi alla notorietà del marchio che è stata accumulata nel corso degli anni, al tipo di attività e di posizionamento del business, e così via.
Trattandosi di un’immobilizzazione, anche l’avviamento può essere oggetto di ammortamento.
Cos’è l’avviamento ammortizzato
Quando l’azienda sostiene un costo per un’immobilizzazione, come in questo caso l’avviamento, non deve attribuire l’intero valore al solo esercizio in cui è stato sostenuto ma, di contro, su più anni.
Per esempio, se l’imprenditore acquista un’azienda in cui sono presenti costi di avviamento per 10.000 euro, potrà ammortizzare in più anni questa voce di costo.
In passato la normativa prevedeva un’aliquota di ammortamento dell’avviamento pari al 20%. Ne derivava che il costo sostenuto andava ammortizzato in 5 esercizi, ovvero in quello in cui è stato sostenuto il costo, e nei 4 esercizi successivi.
In termini ancora più semplici, e riportando l’esempio che abbiamo appena formulato, un costo di avviamento pari a 10.000 euro sarebbe stato ammortizzato in 5 anni, con indicazione di 2.000 euro per esercizio.
Tuttavia, il d. lgs. 139/2015 ha impattato sulla vecchia normativa, stabilendo che l’ammortamento dell’avviamento non dovesse più calcolarsi in misura fissa del 20%, bensì in misura variabile calcolato in base alla vita utile.
Ma chi è che decide quale sia la vita utile?
La risposta è semplice: sono gli amministratori. A loro spetta, in fase di redazione del bilancio, valutare la durata dell’ammortamento dell’avviamento, spiegandone la motivazione nella nota integrativa.
Rimane l’evidenza che, eventualmente, gli amministratori potrebbero scegliere di adattarsi alla vecchia normativa e, dunque, stabilire che l’ammortamento dell’avviamento possa essere effettivamente contabilizzato in 5 anni. Solamente in casi eccezionali, e quando la vita utile non è quantificabile, si può optare per un ammortamento di 10 anni (10% di aliquota).
Tipologie di ammortamento
Possiamo distinguere due diverse tipologie di avviamento.
La prima è quella dell’avviamento originario, ovvero la potenzialità dell’azienda di generare profitti più elevati rispetto alla media, grazie a una serie di fattori come quelli sopra ricordati o, ancora, le buone relazioni generate negli anni tra i collaboratori aziendali e i clienti.
Il secondo modello di avviamento è l’avviamento derivato, che è l’avviamento che si acquisisce comprando un’azienda.
È evidentemente il secondo tipo di avviamento che comporta, per l’imprenditore che acquista, un costo. Ed è proprio questo secondo ammortamento che troverà spazio in bilancio, nell’attivo patrimoniale, tra le immobilizzazioni immateriali.
Come si calcola il valore di avviamento
Il costo di avviamento, come abbiamo già rammentato, deve essere iscritto in bilancio. Ma come si calcola?
Di norma il suo valore è determinato dalla differenza tra il prezzo di acquisto dell’azienda e il suo valore del patrimonio netto, che è a sua volta determinato dalla differenza tra le attività e le passività.
Dunque, si andrà a registrare in bilancio come avviamento il prezzo di acquisto, meno la differenza tra attività e passività.
Può anche essere che l’avviamento non sia generato dall’acquisto dell’azienda, ma da una fusione o da una scissione. In questo caso il valore da registrare in bilancio sarà determinato dalla differenza tra il prezzo pagato per l’azienda e il patrimonio netto, a valori correnti.
Ricordiamo infine che l’avviamento registrato in bilancio è deducibile ai fini delle imposte, in misura non maggiore a 1/18 del medesimo valore.