“E’ fondamentale creare le condizioni legislative perché i Fondi possano far crescere le aziende coinvolte e i lavoratori formati, superando concezioni burocratiche che ne appesantiscono il ruolo, e riportando alla formazione, circa 120 milioni, le risorse ad essa destinate. L’Unione Europea abolisca il concetto di aiuti di stato se riferito a percorsi di formazione”. Questo l’appello che viene oggi da Confindustria, Cgil, Cisl e Uil nel corso del Forum “Il futuro del sapere, aziende e lavoratori nella trasformazione” per i 15 anni di Fondimpresa svoltosi oggi a Roma. “Chiediamo l’abolizione del concetto di aiuto di stato – ha detto il presidente di Fondimpresa Bruno Scuotto – se riferito a percorsi di formazione perchè un aiuto di stato consiste nell’intervento di un’autorità pubblica effettuato tramite risorse pubbliche, per sostenere alcune imprese o attività produttive. Un’impresa che beneficia di un tale aiuto ne risulta avvantaggiata rispetto ai suoi concorrenti. Di conseguenza, il controllo degli aiuti di stato risponde alla necessità di salvaguardare una concorrenza libera e leale all’interno dell’Unione. In riferimento alla formazione finanziata – ha aggiunto – noi riteniamo che non sia corretto parlare di un vantaggio offerto a beneficio della singola azienda che ottiene il sostegno alla formazione. Il sostegno incide sì, com’è ovvio, sull’azienda beneficiaria ma incide in misura ancora maggiore sul lavoratore che viene formato e vede accrescere le proprie competenze professionali”.
La formazione finanziata da Fondimpresa permette ai lavoratori, con l’accrescimento del patrimonio di competenze, di avere un ruolo attivo, e non più meramente passivo, all’interno del mercato del lavoro, con il conseguente aumento della capacità di incidere in maniera più consapevole all’interno dei processi produttivi in cui sono coinvolti. “La formazione – ha detto il presidente di Confindustria Vincenzo Boccia – è la chiave per affrontare le sfide del futuro e le trasformazioni che deriveranno da industria 4.0. Occorre investire sulla formazione delle persone occupate anche in ragione del fatto che nei prossimi anni le imprese rischiano di non trovare quasi 200 mila profili di cui hanno bisogno. In un Paese dove la disoccupazione giovanile è al 30%, è un paradosso che bisogna superare al più presto. In questo quadro il contributo dei fondi interprofessionali è fondamentale. I fondi possono infatti favorire l’inserimento al lavoro dei giovani e dei disoccupati nonché accompagnare le sempre più delicate fasi di ristrutturazione e rilancio aziendale”, ha aggiunto.
Per la segretaria generale della Cisl Annamaria Furlan la formazione continua dei lavoratori “è un fattore strategico per lo sviluppo del paese, la qualità e la competitività delle imprese, tanto quanto lo è l’investimento tecnologico. Rappresenta anche il miglior deterrente per evitare l’invecchiamento professionale. In tal senso – ha sottolineato Furlan – siamo impegnati ad operare nelle scelte contrattuali sia in sede aziendale sia a livello di contrattazione collettiva nazionale. Nella stessa direzione dovrebbero andare le scelte, gli orientamenti e le decisioni conseguenti da parte del Governo, riconoscendo il fondamentale ruolo dei fondi interprofessionali, a partire da Fondimpresa, per le politiche attive del lavoro”. Per il segretario Generale della UIL Carmelo Barbagallo, il successo di Fondimpresa dimostra che “la formazione continua è l’elemento fondamentale per aumentare la professionalità dei lavoratori e la produttività delle imprese e i Fondi possono anche essere un concreto strumento attivo delle politiche del lavoro per la ricollocazione dei lavoratori e per l’inserimento di disoccupati e inoccupati. Ma occorrono atti concreti a livello legislativo, nazionale ed Europeo e il ripristino delle risorse che sono state levate alla formazione e devono tornare al loro scopo originario. Su questo, per passare dalle parole ai fatti, impegneremo Governo e Parlamento”.
Il segretario generale della Cgil Maurizio Landini ha sottolineato, infine, come la necessità della formazione professionale continua è sempre più avvertita dai lavoratori e dalle imprese. “La formazione continua deve diventare un diritto individuale esigibile per i lavoratori. Un fattore strategico per l’innovazione e la crescita del sistema delle imprese e per lo sviluppo del Paese. Percorsi condivisi tra impresa e rappresentanze sindacali sono elementi che qualificano in positivo le relazioni industriali sia in ambito aziendale che settoriale”, ha concluso Landini.