Entro il 2050, la popolazione italiana potrebbe essere composta per la maggior parte da pensionati. Ad affermarlo è l’Ocse, che nel suo ultimo rapporto Working Better with Age sottolinea come, sulla base degli attuali schemi pensionistici, entro la metà del secolo gli over 50 fuori dal mercato del lavoro saranno più dei lavoratori.
Secondo le previsioni, nel 2050, l’area Ocse conterà 58 persone inattive o pensionate ogni 100, mentre in Italia, al pari di paesi come Grecia e Polonia, si rischia un rapporto uno a uno. Per correggere questa deriva, nel suo rapporto l’Ocse suggerisce ai Paesi di favorire flessibilità negli orari e migliori condizioni di lavoro, in modo da invogliare il lavoratore a ritirarsi in pensione più tardi.
“I dati e le riflessioni dell’Ocse sul tema ‘lavoro, anziani, pensioni’ ci inducono a rilanciare le nostre proposte. È necessario costruire un percorso per l’invecchiamento attivo della popolazione: bisogna consentire ai pensionati di svolgere lavori socialmente utili”, commenta Carmelo Barbagallo, segretario generale della Uil.
“In questo modo, si integrerebbero assegni pensionistici sempre più esigui e si manterrebbero in attività persone che possono offrire alla società il contributo della loro esperienza. Non bisogna invece allungare l’età pensionabile, semmai bisogna renderla più flessibile”, sottolinea Barbagallo.
“Soprattutto, occorre attivare subito le due commissioni per la separazione della previdenza dall’assistenza e per l’individuazione di lavori gravosi – aggiunge -. I risultati della prima, infatti, dimostrerebbero, una volta per tutte, che il nostro sistema previdenziale è in equilibrio, mentre la seconda stabilirebbe, dal punto di vista tecnico-scientifico chi avrebbe diritto ad anticipare l’uscita dal lavoro. Questi sono temi che porremo prioritariamente all’attenzione del prossimo Governo”.