Il mattone e il risparmio: sono sempre loro gli elementi determinanti per misurare la ricchezza degli italiani. Lo confermano le recenti stime elaborate dall’Istat e dalla Banca d’Italia che fanno luce sulle attività patrimoniali delle famiglie e delle società non finanziarie e sulla loro evoluzione nel tempo.
A fine 2017 la ricchezza netta delle famiglie italiane è stata pari a 9.743 miliardi di euro, otto volte il loro reddito disponibile. Le abitazioni costituiscono la principale forma di investimento e, con un valore di 5.246 miliardi di euro, rappresentano la metà della ricchezza lorda.
Non solo immobili, però. C’è un altro studio che fa chiarezza sulla ricchezza del Paese. Si tratta di un’indagine condotta dal Centro Luigi Einaudi-Intesa Sanpaolo dalla quale emerge che, anche nel 2019, gli italiani hanno risparmiato tanto: una quota del proprio reddito che mai era stata tanto elevata, almeno dal 2003. Lo studio conferma che, infatti, i cosiddetti “bancarizzati” (persone in possesso di un conto corrente/postale), hanno messo da parte il 12,6% del proprio reddito. Gli italiani “risparmiatori”, inoltre, sono tornati ad essere la maggioranza assoluta nel 2019, il 52% – cosa che non avveniva dal 2006.
Questi dati su immobili e risparmio sono, però, una cartina di tornasole che mette in evidenza l’immobilismo dei patrimoni nostrani: un terzo della ricchezza finanziaria degli italiani, ossia 1,3 miliardi di euro, dorme nei conti correnti. Questa non è una buona notizia. Immobilismo vuol dire diminuzione del potere d’acquisto e, in assenza di investimenti, continua perdita di valore a causa dell’inflazione.
Entra qui in gioco il wealth management che ha di fronte grandi sfide con le quali misurarsi. Anche perché, tra l’altro, in ambito immobiliare le compravendite languono: come spiega il primo osservatorio sul mercato immobiliare relativo all’anno in corso redatto da Nomisma. Rapporto che ha analizzato l’andamento delle compravendite con particolare riferimento a 13 città cosiddette intermedie e che chiarisce come la dinamica rialzista del 2018 è destinata a ridursi, anche perché è in atto un deterioramento, sia del clima di fiducia degli operatori, sia degli indicatori previsionali.
“L’offerta immobiliare in Italia, in particolare di abitazioni, è tre volte superiore alla domanda, in un contesto in cui i prezzi continuano a scendere, registrando un -20% dal 2011. L’Italia è l’unico paese europeo in cui i prezzi delle case sono ai minimi storici, superando anche la Grecia che, colpita dalla grave crisi che tutti conosciamo, quest’anno ha recuperato il 3% dai minimi storici”, commenta Gian Maria Mossa, amministratore delegato di Banca Generali, che aggiunge: “L’abbondante offerta di case, l’aspettativa nella ripresa dei prezzi e i tassi d’interesse molto bassi per finanziare l’acquisto delle case sembrano rendere appetibile l’investimento nel mattone, ma è importante considerare alcune aspetti legati alla liquidità dell’investimento e il peso nell’equilibrio complessivo del patrimonio; a questo riguardo per un’accurata diversificazione occorre non trascurare le altre differenti opportunità che si presentano per una gestione patrimoniale più efficiente e sicura”.
Un clima di diffidenza, dunque, con gli italiani che restano, comunque, poco vogliosi di rischiare. Tanto che gli investimenti maggiori si concentrano sempre sulle obbligazioni ordinarie che hanno un grado di diffusione molto elevato: i risparmiatori italiani ne detengono un controvalore pari a circa 64 miliardi di euro, il 21% del valore di tutte le obbligazioni in circolazione emesse dalle banche italiane.
Come si vede, è un quadro estremamente difficile per la consulenza ma non tutti i trend presentano un segno meno. La raccolta di alcuni istituti bancari fa pensare, invece, che ci sono sempre più clienti che cercano soluzioni nuove con programmi su misura.
È il caso della banca guidata da Mossa. Nel mese di giugno, l’istituto ha registrato un notevole risultato nella consulenza evoluta con una raccolta pari a 400 milioni di euro nel mese. Ancora più brillante il dato se analizzato da inizio anno. In pochi mesi, infatti, la richiesta di consulenza evoluta è cresciuta del 78% rispetto ai 2,3 miliardi al 31 dicembre 2018, raggiungendo il livello di quattro miliardi. “Lo scenario economico, sociale e politico offre ogni giorno nuovi stimoli ma anche nuove sfide, che perfino i clienti più esperti vogliono affrontare con il supporto di una consulenza affidabile e specializzata, in grado di garantire una visione d’insieme. È grazie a un’analisi integrata del patrimonio che è possibile definire strategie più efficaci sulla base dei bisogni in evoluzione e delle nuove opportunità di mercato”, conclude Mossa.
Un esempio, quello di Banca Generali, che la dice lunga: i risparmiatori italiani hanno voglia di superare l’immobilismo in atto e, anche se il quadro del sistema Paese resta complesso, desiderano programmi di investimento tailor made, diversificati e che garantiscano, comunque, protezione.