L’Associazione italiana ospedalità privata (Aiop) ha riunito a Genova i principali interlocutori del sistema per promuovere un confronto sul ruolo che l’assistenza sanitaria integrativa potrebbe sviluppare nell’ambito del sistema pubblico.
“Il Sistema sanitario nazionale è un bene che andrebbe preservato e custodito ma già da tempo registra criticità che purtroppo non sono uguali in tutte le regioni del Paese – ha detto Barbara Cittadini, presidente Aiop nel corso del workshop -. E’ come se avessimo 21 paesi, per questo dobbiamo provare a fare una sintesi per dare una risposta efficiente ed efficace ai cittadini. La sanità integrativa, che prima era una realtà che riguardava pochi privilegiati, oggi coinvolge ampie fasce della popolazione e sta diventando un compimento e un completamento del Sistema sanitario nazionale”. Negli ultimi anni, gli italiani che hanno scelto di usufruire di forme integrative sono più che raddoppiati, passando dai circa sei milioni del 2010 ai quasi 13 milioni del 2018, con un incremento di spesa del 30% circa.
“Sul totale, 8 milioni sono lavoratori dipendenti e 2 milioni sono i familiari – ha detto Ettore Sansavini, presidente Aiop Liguria – a cui bisogna aggiungere un numero crescente di pensionati, per un totale di 323 fondi integrativi. L’esperienza di altri Stati ha dimostrato che è un sistema che necessita di ‘stampelle’ che sono quelle dei fondi, del privato, delle assicurazioni. Per questo dobbiamo aiutare il nostro sistema puntellandolo, integrandolo e fornendo una risposta alla gente che vuole sempre più sanità e benessere”.
Come evidenziato da Mario Del Vecchio, knowledge leader OCPS Bocconi “in Italia la sanità pubblica spende circa 1.860 euro a cittadino che equivale a poco meno del sette per cento del Pil, gli inglesi, spendono un punto di più, i tedeschi il doppio, ossia 3.600 euro, mentre i francesi 3.100 euro, gli spagnoli un po’ meno e solo i greci spendono la metà di noi, ossia 800 euro. In tutto ciò bisogna considerare che dal 2010, il Servizio sanitario nazionale ha perso il sei per cento del personale e in alcune regioni, tipicamente quelle del Sud, fino al 15%”.
Per Del Vecchio, tre sono le sfide da vincere. “La prima è la legittimazione del settore e la sua collocazione in un sistema a copertura universale pubblica; la seconda è definire le promesse e le attese che genera nei consumatori, la terza sfida è quella dell’efficienza della filiera”. Il workshop, che ha visto la partecipazione, tra gli altri, di Sonia Viale, vice presidente e assessore alla sanità della Regione Liguria, dei rappresentanti dei principali player del mercato assistenziale-assicurativo e dei presidenti nazionali delle principali organizzazioni rappresentative degli erogatori di prestazioni sanitarie, si è concluso con l’obiettivo di istituire un Osservatorio permanente permanente sui consumi della sanità integrativa.
“Aiop, insieme all’Associazione religiosa istituti socio-sanitari (Aris) e alla Federazione nazionale delle associazioni regionali o interregionali delle istituzioni sanitarie ambulatoriali private (Feder Anisap), ha invocato l’opportunità di un percorso da condividere con tutti gli erogatori di prestazioni e i provider di prodotti di sanità integrativa”, ha detto Francesco Berti Riboli, coordinatore commissione sanità integrativa Aiop.
“L’Osservatorio dovrebbe occuparsi di due aspetti fondamentali, stabilire le regole del gioco, ossia come accedere a una prestazione sanitaria, cosa pagare e cosa no, definire il perimetro della prestazione, i tempi di accettazione dell’esigenza assicurativa assistenziale e quelli di pagamento e, alla base, prevedere un linguaggio comune, un nomenclatore delle prestazioni sanitarie che vengono erogate”.
Le basi dell’Osservatorio potrebbero già essere poste a breve e Genova potrebbe avere un ruolo di rilievo. “Entro maggio abbiamo ipotizzato una prima assemblea costituente – ha specificato Riboli – Genova potrebbe essere la candidata ideale, anche per la sua tipicità sanitaria e per le aperture che arrivano dal Governo regionale verso i privati, aperture che, ricordo, non danneggiano il pubblico, anzi tendono a migliorare la qualità dell’offerta in grado di soddisfare la domanda che viene proposta dai cittadini”.